Fatti e… misfatti!
Il nostro sport (pallamano) era sconosciuto, non godevamo di contributi pubblici o di sponsor privati, avevamo impegnato le nostre misere “risorse” nell’acquisto di tre palloni regolamentari pagati la bellezza di 180.000 lire, ci allenavamo nel cortile sterrato della palestra delle scuole elementari di via Baldacchini e, giorno dopo giorno, molti ragazzi si appassionavano a questo “calcio giocato con le mani” dimostrando un impegno che faceva ben sperare…
Per porte usavamo i ritti del saltometro che, anche se legati al muro o alla ringhiera del recinto, costituivano un incombente pericolo e la fonte di continui litigi circa la validità delle segnature sulle traiettorie più alte.
Avevamo assoluto bisogno di un paio di porte “vere” per poter incominciare la nuova esperienza sportiva, ma costavano troppo: più di un milione delle vecchie lire, senza contare l’esose spese di spedizione.
La Federazione Provinciale ce le aveva promesse all’atto dell’affiliazione, ma i campionati stavano per iniziare, il Comune aveva sistemato il cortile con una pavimentazione in cemento rosso che gli operai della ditta Besaldo avevano tentato di rendere meno scabroso, avevamo passato interi pomeriggi per tracciare l’area di gioco, ma delle ”nostre” porte… nessuna notizia…
Nel frattempo mi era giunta una “soffiata” da parte di un Dirigente Provinciale: in una struttura sportiva polifunzionale, utilizzata soprattutto dall’esercito, c’erano due porte di pallamano usate impropriamente come porte di calcio, solo saltuariamente.
Il giorno dopo mi recai sul posto per un sopralluogo “esplorativo”: la notizia rispondeva al vero e l’occasione era troppo ghiotta per farmela sfuggire!
I pesantissimi attrezzi, in ferro tubolare, erano fissati al suolo con staffe di ferro e bulloni arrugginiti che sarebbe stato impossibile svitare in poco tempo.
Mi recai ad un negozio di ferramenta, acquistai una bomboletta di “svitol”, poi attesi le ombre protettive ombre della sera per scavalcare la recinzione per irrorare del miracoloso prodotto tutti i punti di ancoraggio. Durante la notte l’olio sarebbe penetrato in profondità ammorbidendo la ruggine e rendendo possibile la realizzazione del “blitz” che avevo maturato, una vera e propria azione di “Kommando” da realizzare esattamente 24 ore dopo.
Tra i numerosi volontari, scelsi i più fidati ed esperti: Cenzino Munno (per la forza), Alex e Antony Del Rosario per l’esperienza maturata nell’officina del padre.
Alle 16 del giorno dopo parcheggiammo il pulmino della CSA in vicinanza della struttura e restammo in attesa che tutti se ne andassero col calare delle tenebre. Poi entrammo in azione.
Scavalcata la rete, in meno di dieci minuti liberammo le porte dagli ancoraggi, le smontammo e le caricammo sul mezzo, poi velocemente prendemmo la via del ritorno.
Davanti all’officina c’erano ad attenderci un gruppo di volenterosi, di ogni età, muniti di carta smeriglio. In poco più di un’ora le porte furono levigate, riverniciate e montate.
Da domani anche l’Handball Amantea avrebbe potuto avere una struttura degna del cammino che ci aspettava e che l’avrebbe condotta a risultati prestigiosi e insperati.
FELICE EPILOGO: Il Pulmino della CSA, per i colori della sua carrozzeria (bianco e rosso) e per i grandi stemmi laterali, non era passato inosservato: qualcuno fece la “spiata” e fu facile risalire a noi come gli autori del “furto per necessità”. Comunque la vicenda, con i buoni uffici del CONI Provinciale si chiuse senza conseguenze penali, anzi divenne un episodio che per molti anni venne ricordato con un sorriso e noi indicati come “quelli che avevano fregato le porte usate dall’esercito”.
Pino Del Pizzo