Turillu Galera

Turillu Galera

Salvatore Porco

“Turillu Galera”

di Pino Del Pizzo

Anni ’50… 
Dopo essere passati sotto i ponti della Ferrovia, la spiaggia si raggiungeva da via Garibaldi, da via Margherita e da via Baldacchini.
Nel periodo estivo, le aree prospicienti i suddetti ponti ospitavano i bagnanti indigeni e quelli provenienti da Cosenza, da Roma e da Napoli. L’accesso da via Baldacchini avveniva dopo aver superato un angusto pontino stretto, al termine di un sentiero sterrato che, tracciato fra orti e canneti, continuava fra i “vruchi” e la conceria di pelli le cui acque maleodoranti ristagnavano in un lungo fossato attraverso il quale, a fatica, qualche volta riuscivano a “sfociare” in mare.
Da via Garibaldi, invece, si raggiungeva ” ‘a marina d’a chiazza”, sulla quale, d’estate, stazionavano decine di barche di pescatori all’ombra delle quali trovavano rifugio dai raggi di sole quelli che non possedevano un ombrellone o un “pagliaio” fatto con canne e un lenzuolo a guisa delle tende dei pellirossa americani.
L’accesso alla spiaggia più “in” della città (‘a marina d’a Taverna) era segnato dal ponte di via Margherita, dopo il quale si apriva l’orizzonte al di là di una spiaggia sterminata che si raggiungeva attraverso un ampio spazio sterrato ritagliato fra i “vruchi” di Scina (a sinistra) e il muro di cinta del campo sportivo (a destra).
Proprio all’inizio dell’arenile sorgeva “La Rotonda”, una struttura in legno che ogni anno i fratelli Perna costruivano su una vera e propria palafitta, per ospitare le serate di gala tenute dai cantanti più famosi dell’epoca.

Lido Azzurro Amantea anni '50

Il Lido Azzurro agli inizi degli anni ’50

Sull’altro lato, invece, una baracca di assi sconnesse e con il tetto di lamiera, circondata da una vera e propria trincea di sacchi pieni di sabbia, fungeva da “avamposto” per chi non poteva o non voleva portarsi appresso (e quasi sempre a piedi) ombrelloni o sdraio.
Il “bunker” era gestito da una squisita persona: Salvatore Porco, meglio conosciuto e ricordato come “Turillu Galera”, che – quelli della mia età – ricordano come l’antesignano dei futuri “bagnini”.
Gentile e premuroso con tutti, faceva un servizio spiaggia efficientissimo: all’alba, dopo aver provveduto alla pulizia dell’arenile di sua competenza, piazzava gli ombrelloni e le sdraio  con meticolosa precisione, poi si metteva di “vedetta” per sorvegliare l’arrivo dei “clienti” ai quali forniva i tesori della sua esperienza sulle condizioni del mare e del tempo.
Sotto il porticato antistante la baracca, nell’angolo più fresco, la sua provvista d’acqua, conservata in “vummulelle” di terracotta era a disposizione degli assetati ai quali mai negava un sorso, anzi accompagnava sempre questo suo generoso dono con un sorriso.
A sera, dopo aver raccolto e sistemato in bell’ordine tutto il materiale che gli era stato dato in custodia, prima di ritirarsi per il riposo notturno, spesso si soffermava con noi giovani che, tra una sigaretta e l’altra, cercavamo di carpirgli notizie sui “nuovi arrivi” delle belle “forestiere”…
Ma Turillu, riservato gentiluomo, non appagava la nostra curiosità. Dal suo sorriso e dai suoi silenzi, però, qualcuno di noi riusciva a trovare le risposte che cercava e, magari, la sera dopo confidava propositi e speranze di conquista!
Altri tempi, altri amori, altre estati…
C’era una volta l’estate, c’era una volta ‘a marina d’a Taverna e la Rotonda, c’era una volta Turillu Galera.

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