Fortunato Marinaro

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Nascere, vivere, lavorare, morire può essere visto come una fatalità senza senso, ma nella luce dell’amore tutto può divenire libera e gioiosa accettazione, canto, contemplazione estatica.
 

Fortunato Marinaro
 Vita mutatur, non tollitur

 

marinaro-dott-giovaneFortunato Marinaro  nato ad Amantea il 27 marzo 1926 da Eugenio (segretario Comunale) e da Maria Voce (insegnante elementare), nella  seconda metà del secolo scorso è stato certamente una figura di riferimento nella storia della nostra città.

Laureatosi giovanissimo in medicina presso l’università di Napoli, già nel 1952 intraprese la sua “missione” fra la gente con la quale, più che un rapporto professionale, stabilì un legame affettivo “intriso  di  realtà  vive,   concrete,   da rapporti interpersonali    indimenticabili,   di esperienze singolari e molteplici”.

Un rapporto che dura quasi 45 anni, fino al 1996 quando, compiti i 70 anni, ope legis,  si accommiata dai “suoi amici” pazienti con una lettera che costituisce un vero e proprio “testamento” professionale.

Le tappe più significative della sua carriera professionale sono certamente la nomina a Consigliere Delegato dell’Ospedale Psichiatrico di Nocera Inferiore, la fondazione della Clinica S. Maria delle Grazie ad Amantea, la carica di Assessore all’Igiene e alla Sanità nell’Amministrazione Provinciale di Cosenza.

Marito devoto di Maria Cavallo (che aveva sposato l’8 dicembre 1953) e padre solerte e affettuoso di nove figli, “Natuzzu” ha fatto della famiglia il centro della sua testimonianza di vita e di Fede.

Una Fede vissuta sin dalla giovinezza e che ne ha permeato la sua personalità ispirandolo in ogni azione e aprendogli la via a responsabilità di incarichi nell’Azione Cattolica Parrocchiale e Diocesana di cui fu Presidente. 

il dot Marinaro col Ministro Cassiani e Pierino Policicchio in un comizio elettorale.

il dot Marinaro col Ministro Cassiani e Pierino Policicchio in un comizio elettorale.

Naturale la sua scelta politica e la militanza nella Democrazia Cristiana, partito di cui fu a lungo segretario e guida a livello comunale e che gli diede la possibilità di intervenire in favore di tutti coloro che si rivolgevano a lui per  un aiuto o un sostegno.

Una presenza nel mondo della politica, la sua, vissuta attivamente in coerenza con i principi di carità cristiana, di giustizia, di onestà e di solidarietà.

marinaro-motoGli impegni familiari, professionali, politici e dell’Azione Cattolica, non gli impedivano, comunque, di ritagliare un poco di spazio per le sue “passioni”: la lettura, la musica classica, il teatro, il cinema, la montagna (amava le Dolomiti) e… la Juventus.

La sua esistenza terrena si è conclusa il 20 marzo 2003, ma il  ricordo è sempre vivo nella città che ha avuto la fortuna del suo esempio di uomo, di marito e di padre, di professionista e di politico, di Cristiano praticante.

LETTERA DI COMMIATO CON I SUOI PAZIENTI

Carissimi amici, 

innanzitutto permettetemi di chiamarvi “amici” e non clienti, termine che mi sa tanto di rapporto commerciale, ed io, posso ben dirlo senza timore di essere smentito, ho improntato il mio rapporto con tutti voi sotto il segno dell’amicizia e senza interesse.

Aggiungo poi che addio non lo intendo, come di solito è inteso, un saluto che sa di definitivo e che porta tristezza, ma, per come significa realmente, un riferimento gioioso a ” Dio” sotto il cui amore siamo tutti riuniti in ogni tempo.

Ciò premesso, e desiderando altresì di non fare appello alle emozioni mie e vostre, debbo però comunicarvi che, poichè il tempo corre più o meno veloce e che dal 1951, anno della mia laurea (e sembra ieri) sono trascorsi circa 45 anni di attività professionale, il 21 marzo p.v. al compimento dei miei settanta anni, debbo purtroppo salutarvi, almeno ufficialmente, poiché cesserò dal mio rapporto col S.S.N.

Certo alla fine di questa mia attività, che io, per la mia manifesta formazione cristiana, ho inteso sempre come una “missione”, più che un mestiere, non possono non affollarsi nella mia memoria miriadi di ricordi.

Ogni medico dovrebbe avere la possibilità di scrivere un libro sulla sua vita professionale; ma non tutti ne abbiamo capacità e tempo; eppure che varietà di ricordi ed esperienze ne verrebbe fuori: certo non sempre caratterizzate da soddisfazioni e gioie, ma tutte intrise di realtà vive, concrete, da rapporti interpersonali indimenticabili, di esperienze singolari e molteplici.

 Se chiudo per un momento gli occhi, quanti volti si affollano nella mia mente: rivedo i miei primi assistiti, alcuni dei quali ancora in vita; quanti ne ho visto, anche materialmente, nascere, di quanti ho dovuto assistere le ultime ore, di quante sofferenze e dolori sono stato partecipe, di quanti distacchi prematuri ho condiviso lo strazio, ma anche per quante gioie e soddisfazioni ho insieme goduto.

E’ che io ho avuto, ritengo, la fortuna di esercitare a cavallo di due generazioni.

Ho iniziato quando la figura del”medico di famiglia” era vissuta in maniera più integrale ed impegnativa; quando il medico, specie in periferia, doveva avvalersi e fidare prevalentemente sui propri mezzi e la propria preparazione per risolvere tante situazioni, affrontando da solo tutte le branche della patologia, per le quali oggi la medicina sociale offre tante e molteplici possibilità di intervento.

Ricordo le sgroppate a dorso di asino, su sentieri impervi ed insistenti su burroni da capogiro, ricordo le lunghe assistenze notturne, spesso al lume di candela, ricordo le acrobazie chirurgiche, ostetriche e ortopediche affrontate con patemi d’animo.

Ma ho cercato fino alla fine di restare “medico di famiglia”, entrando a far parte di ogni famiglia che si sia voluta affidare alle mie cure, e curandone non solo le malattie, ma condividendo con esse il succedersi di tutti gli eventi gioiosi e tristi della vita.

Ma ormai, bando ai ricordi.

Vi debbo un sentito grazie per avere voluto riporre in me la vostra fiducia.

Vi debbo delle scuse per quante volte, volontariamente o no, ho mancato nei vostri riguardi.

Non vi chiedo gratitudine; ho compiuto solo il dovere affidatomi dalla Provvidenza; ma, a chi è credente, chiedo un ricordo nella preghiera, per adesso, ma ancora di più per quanto il Signore vorrà por fine anche la mia esistenza terrena. 

Il vostro affezionatissimo medico

                                                                                 (Fortunato Marinaro)

Il dott. Marinaro nella sua clinica

Il dott. Marinaro nella sua clinica

Così lo ricorda Franco Tonnara

Una Fede vissuta per un’intera vita

Quando scompare una persona cara si suole dire che lascia un grande vuoto.

Nel caso del dottore Marinaro non è così.

Egli ci lascia un patrimonio di valori inestimabile.

Il dottore Marinaro è stato più che un maestro.

Spesso, infatti, i maestri predicano bene, ma razzolano male.

Egli è stato un testimone, un grande testimone che ha vissuto, incarnato nella sua vita i valori in cui credeva.

Fortunato Marinaro è stato un grande medico che ha fatto della sua professione una missione per lenire, o meglio ancora, per essere compartecipe delle sofferenze dei suoi malati.

Fortunato Marinaro è stato un politico, un grande politico nel senso più alto e nobile.

Mentre la politica viene il più delle volte ridotta a lotta di potere, a strumento di ricchezza corrotta, egli ci ha testimoniato che è possibile fare politica come servizio per il bene comune restando con le mani pulite e la coscienza limpida.

Fortunato Marinaro è stato un uomo di cultura, un grande biblista. Forse questo è l’aspetto meno conosciuto. Lui amava leggere, leggeva molto. Ci lascia una biblioteca vastissima. Amava il cinema, il teatro, la musica. Amava il bello perché vi scorgeva l’impronta di Dio. In questa società frivola in cui conta l’apparire egli ci ha testimoniato l’importanza dell’essere.

Natuzzo Marinaro è stato un padre di famiglia ammirabile.marinaro-dic-1953

In questa società di decadenza  morale lui e Maruzzella sono stati davvero una carne sola, la sua famiglia è stata davvero una piccola Chiesa.

Eppure sento che tutto questo non è sufficiente per comprenderlo, per apprezzare la persona. Per capire Natuzzo, per capire il suo essere bisogna coglierne la dimensione religiosa.

Da ciò deriva tutto il resto.

Egli è stato un grande Testimone della Fede, una testimonianza che ha attraversato e caratterizzato tutta la sua vita.

C’è un film del regista Bergman, “luci d’inverno”, in cui un sacerdote si chiede:

« Signore, perché io devo avere fede nella Fede degli altri? »?.

Eppure è così. Per un volere misterioso vi sono uomini a cui il Signore dona il carisma della Fede ed essi la irradiano intorno divenendo essi stessi strumento per la Fede degli altri.

Natuzzo è stato uno di questi.

Una fede vissuta per un’intera vita.

C’ è un libro che lui amava particolarmente. “E’ Getsemani”, dello scrittore francese Peguy. Parla dell’agonia di Cristo e della sua paura della morte.

Sono certo che in questi ultimi anni di sofferenza come nel Getsemani la sua fede è divenuta colloquio vivo, dialogo intimo, abbandono fiducioso nelle mani del Signore: Morte e Resurrezione .

 E’ per questo che il nostro dolore, le nostre lacrime si trasformeranno in gioia e le tenebre lasceranno il posto alla Luce.  

Francesco Tonnara

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