All’inizio del secolo scorso, pochi metri dopo la casa di Pietro Pizzino terminava Via Margherita e il mare si poteva raggiungere percorrendo un sentiero sterrato, segnato dalle ruote dei carri trainati dai buoi che trasportavano la sabbia per le costruzioni.
Alte siepi di rovi e di spine delimitavano il percorso fino al sottopasso della ferrovia, al di là del quale, come per incanto, si apriva un panorama incontaminato in cui, incontrastati, dominavano il verde dei “vruchi”, l’azzurro delle acque, il rosso dei tramonti.
’A marina, allora, restava fuori dal paese ed era frequentata solo in poche occasioni.
D’estate ci si andava preferibilmente di pomeriggio.
La balneazione avveniva in luoghi rigidamente separati ai due lati del ponte Margherita:
- a destra (lato Belmonte) gli uomini e
- a sinistra (lato Campora) le donne.
In mezzo la zona franca presidiata quasi sempre dal comandante dei Vigili Urbani, Alfonso Perna, munito di un “nervo” che però non usava, ma che serviva a sconsigliare “invasioni di campo” nelle due direzioni.
Sulle due rive i “pagliari”, costruiti con una coperta sostenuta da canne (a guisa di “tenda indiana”), supplivano alle cabine‑spogliatoio per i bagnanti, tutti rigorosamente muniti di lenzuolo da usare, all’occorrenza, come accappatoio.
A sera si tornava a casa più freschi, ma fra i giovanotti e le signorine, spesso, si segnalavano casi di …torcicollo!
D’inverno, invece, si aspettava che il mare depositasse sulla battigia le “vulelle”, un mollusco commestibile e ricercato che i buongustai dell’epoca consumavano addirittura sulla spiaggia insieme a pane raffermo e ad un buon bicchiere di vino.
Infine, nel giorno dell’Ascensione, alla marina, si “celebrava” il rito del “lavaggio dei peccati”.
L’operazione, che consisteva nell’immersione delle gambe nel mare, sotto l’aspetto mistico, celava un risvolto pratico: in mancanza di acqua corrente e di servizi igienici appropriati nelle case, insieme ai peccati, molti “penitenti”, oltre a mondare l’anima, coglievano l’occasione per lavare “ ’a prica” accumulata durante l’inverno sotto le ginocchia.